La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30404 del 26 novembre 2024, ha affermato che l’art. 1815, comma 2, c.c., come riformulato dall’art. 4, L. n. 108/1996, dispone che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi», invero il legislatore, con il D.L. 29.12.2000, n. 394 (c.d. Decreto “salva banche”), convertito, con modificazioni, in L. 28.2.2001, n. 24, “Interpretazione autentica della L. 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura”, ha stabilito, in chiave di interpretazione autentica, che «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815, comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento» (art. 1, comma 1, D.L. n. 394/2000, convertito in L. n. 24/2001).
Pertanto soltanto in caso di interessi «originariamente» usurari trova applicazione la sanzione civilistica di nullità (art. 1815, comma 2, c.c.) prevista dalla normativa antiusura, oltre alla sanzione penale; l’usura originaria costituisce dunque un vizio genetico del contratto non configurabile ex post (c.d. usura sopravvenuta), da verificare esclusivamente al momento dell’insorgenza del vincolo contrattuale (come si deduce dalla chiara formulazione della norma che parla di «convenuti interessi usurari», (art. 1815, comma 2, c.c.).
In tal senso si è consolidata la giurisprudenza di legittimità (v. per tutte Cass. n. 24743/2023, seguita da numerose pronunce, da ultimo Cass. n. 18013/024) dopo l’arresto delle Sezioni Unite per cui «nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto» (Cass. civ., sez. un. 24675/2017).
In definitiva la clausola contrattuale è illecita e viola l’art. 644 c.p. se il tasso supera la soglia di legge nel momento della sua «pattuizione», ma non può diventarlo per effetto di una sopravvenienza successiva.